Con la risoluzione n. 60/E del 9 dicembre 2024 l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito al trattamento fiscale delle ipotesi di trasferimento di valuta tra due conti correnti intestati allo stesso soggetto ed espressi nella stessa valuta estera.
La risoluzione analizza il caso relativo a contribuenti residenti nel territorio dello Stato che detengono un conto corrente in valuta estera avente corso legale presso un istituto bancario estero, soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale, che decidono di trasferire le somme ivi disponibili, per tranches e contestualmente, presso un nuovo istituto bancario estero, estinguendo il precedente conto corrente e aprendone uno nuovo.
Si tratta, in particolare, di un nuovo conto intestato sempre allo stesso contribuente, espresso nella medesima valuta estera e soggetto, comunque, agli obblighi di monitoraggio fiscale in Italia.
La fattispecie oggetto di esame si sostanzia essenzialmente in operazioni di giroconto tra due conti correnti intestati allo stesso soggetto, senza cambio valuta e senza acquisto di prodotti finanziari o altre operazioni che sottendono una finalità di investimento.
In particolare è stato posto il dubbio se il trasferimento di valuta tra due conti correnti intestati allo stesso soggetto possa rientrare nella nozione di ‘prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente’ ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. c-ter) del Dpr n. 917/1986 e, quindi, essere assoggettato a tassazione in ordine alle plusvalenze eventualmente realizzate.
Il documento di prassi amministrativa fa una ricognizione del quadro normativo di riferimento in materia di plusvalenze costituenti ‘redditi diversi’, di cui agli articoli 67 e 68 del Tuir, con specifico riferimento a quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso di valute estere.
In base all’articolo 67, comma 1, lett. c_ter) del Tuir sono assoggettate a tassazione ‘le plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c-bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso (...) di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti (...). Agli effetti dell’applicazione della presente lettera si considera cessione a titolo oneroso anche il prelievo delle valute estere dal deposito o conto corrente’.
Questa misura va coordinata, però, con quella disposta dal successivo comma 1-ter del medesimo articolo 67 secondo il quale le suddette plusvalenze ‘concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (51.645.69 euro) per almeno sette giorni lavorativi continui’.
Il Ministero delle Finanze, con la circolare n. 165 del 24 giugno 1998, par. 2.2.3. ha chiarito che la ratio della citata normativa è quella di ‘assoggettare a imposizione solo le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle valute di cui sia stata acquisita e mantenuta la disponibilità per fini di mero investimento’ e che tale finalità ‘deve ritenersi esistente per presunzione assoluta di legge (...) nelle ipotesi in cui la valuta sia stata ceduta a termine ovvero immessa su depositi o conti correnti’.
Relativamente all’assimilazione del prelievo ad una cessione a titolo oneroso, la citata circolare ha precisato che in tale ipotesi, pur non essendo configurabile alcuna operazione realizzativa, la tassazione è giustificata dalla circostanza che ‘quando la valuta è uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e in che momento essa è stata successivamente ceduta’.
Dunque, l’assoggettamento del prelievo a tassazione è giustificato dall’esigenza di escludere che il denaro, una volta prelevato, possa essere impiegato con finalità di investimento o in operazioni realizzative al di fuori del circuito tracciato o possa prestarsi al conseguimento di differenziali di cambio non monitorabili; nella circolare del Mef si legge che alla base della norma sta la considerazione secondo cui ‘quando la valuta è uscita dal conto corrente o dal deposito, non è più possibile stabilire se e in che momento essa è stata successivamente ceduta’.
Risulta chiaro che l’operazione di trasferimento contestuale e di pari importo, da un conto ad un altro - entrambi intestati allo stesso soggetto - nella medesima valuta estera e senza acquisti di prodotti finanziari o altre operazioni espressive di un’attività di investimento non può essere ricondotta alla fattispecie del prelievo ora descritta. In tale ipotesi, infatti, la circostanza che, nei casi di giroconto contestuale e di pari importo di somme di denaro tenute su un deposito o conto corrente estero, la valuta resta in un circuito tracciato all’interno del quale è soggetta a precisi obblighi di segnalazione, come quelli di monitoraggio fiscale, esclude che nel caso di specie, a seguito del prelievo, possa verificarsi un investimento occulto del denaro.
Questa tesi è in linea con quanto espresso dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 397 del 1°agosto 2022 e con la circolare n. 30/E del 27 ottobre 2023 in riferimento alle valute virtuali (c.d. criptovalute).
In questi documenti di prassi è stato chiarito che ‘il trasferimento da una tipologia di wallet ad un’altra di proprietà del medesimo contribuente non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante’.
(Vedi risoluzione n. 60 del 2024)
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